Pagine

Visualizzazione post con etichetta Yuri. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Yuri. Mostra tutti i post

lunedì 26 settembre 2011

Lossapevate???


Già, come diceva Vulvia, l'immortale presentatrice di Rieducational Channel interpretata dal grande Corrado Guzzanti, Lossapevate???

I luoghi comuni si sa, abbondano sempre, e quindi sono poco utili eventuali commenti a questo post che sciorinino frasi fatte del tipo gli esami non finiscono mai, non si finisce mai di imparare, le lingue sono importanti e via dicendo.

Già, proprio le lingue. Effettivamente nell'era della comunicazione globale, di internet e dei viaggi istantanei c'è il rischio, come diceva Totò, che le lingue si ingarbuglino. Per questo è importante studiare l'inglese, che molti dicono è il latino della nostra epoca, ma anche le altre lingue post-coloniali come francese e spagnolo, o quelle più esotiche come arabo, russo, cinese, giapponese e chi più ne ha più ne metta.

Prima di tutto ciò però, vi consiglio di andare a rivedere l'italiano, adesso che io lo devo fare per preparare le lezioni della lingua di Dante qui in Giordania come parte del mio Servizio Civile. E quali incredibili segreti che si scoprono, regole grammaticali di cui ignoravo totalmente l'esistenza, e che infatti spesso violavo con la stessa sistematicità con cui i nostri governanti violano i codici della giustizia e del pudore.

Adesso senza fare un lungo elenco delle strabilianti regole della lingua italiana in cui mi sono imbattuto, invito ad alzare la mano chi di voi sa rispondere a questa domanda, ovviamente senza leggere la soluzione al quesito che riporto sotto:

In che occasione si usa l'articolo indeterminativo maschile "Un" e in quale l'altro indeterminativo maschile "Uno"????

..............................

.......................................

....................................

Non ne avete alcuna idea, vero???

Ecco la Risposta:

Si usa "Uno" in quattro occasioni:

A) Quando il sostantivo specificato dall'articolo comincia con s+consonante. (Es. Uno studente).

B) Quando il sostantivo specificato comincia con z. (Es. Uno zaino).

C) Quando il sostantivo specificato comincia con p+s. (Es. Uno psicologo).

D) Quando il sostantivo specificato comincia con y. (Es. Uno yoghurt, o anche uno Yuri, se volete degradarmi al ruolo di oggetto).

Nelle restanti situazioni, si usa "Un"

E adesso provate a dirmi che lossapevate.

giovedì 8 settembre 2011

L'estate di Myrella


Per me che non ci sono (ancora) stato, il Sudamerica è fatto di istantanee prese tutte dal mio immaginario, nutrito da letture, film, racconti e magari qualche stereotipo. Mi viene in mente la lunga serie di intrepidi rivoluzionari di cui Guevara è solo il rappresentante più famoso, la stoica resistenza delle popolazioni indigene, l'esplosività di colori, suoni e danze, la fantasia nel calcio rappresentata al massimo dall'argentino Pibe de Oro che deliziò Napoli e il mondo con le sue giocate divine.

Ma da adesso, il continente reaparecido mi farà venire in mente anche qualcos'altro, ovvero il viso di una ragazza dolce che ho avuto la fortuna di conoscere qui ad Amman, precisamente nella prigione femminile della capitale giordana. La sua storia è stata già raccontata un paio di anni fa da Sara, una vecchia serviziocivilista qui in Giordania, ma vale la pena di ripeterla.

Myrella nel suo Perù assistette al fallimento della panetteria di famiglia, che stava costando la casa in odore di pegnoramento e allora con l'incoscenza tipica della sua età decise di accettare la proposta di un narcotrafficante di trasportare in Giordania ovuli di droga ingerendoli prima di salire sull'aereo. Purtroppo la cosa non andò bene, ed esplose un ovulo dentro il suo stomaco, portandola quasi alla morte. I dottori riuscirono a salvarla giusto in tempo, ma al risveglio trovò oltre cinque anni di galera da scontare a migliaia di chilometri di distanza da casa sua.

Myrella è uscita il 21 giugno, il giorno in cui entra l'estate, e allegoricamente è cominciata anche l'estate della sua esistenza, libera finalmente dal debito da pagare. Quando siamo andati a trovarla è stato molto emozionante, poterla vedere dal vivo e non attraverso un vetro, e anche il suo sorriso aveva preso una luce nuova, o forse era solo la luce del sole che finalmente le irradiava il viso dopo tanti anni di oscurità.

Come lei ce ne sono altre che visito settimanalmente, ma di nessuna avrò la fortuna di vederle dal vivo come lei, perchè tutte hanno una pena che terminerà quando il mio servizio civile sarà già finito da tempo, e vedrò questo anno come una cosa passata ma sicuro le sensazioni che loro e Myrella mi hanno dato saranno ancora vive dentro di me.

sabato 25 giugno 2011

Liberi tutti


Ci hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane, ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame...
Faber

Parafrasando Shakespaere potrei dire che per me il cinema è fatto dello stesso materiale di cui sono fatti i sogni. é grazie ai film che mi sono immedesimato nelle storie più disparate, è sempre grazie a loro che ho visto e rielaborato immagini in cui venivano ritratte le situazioni più disparate. Una di queste immagini che mi ha sempre colpito ritrae la conversazione fra un carcerato e un suo parente o amico, attraverso un vetro che impedisce i contatti, con l'ausilio di un telefono che collega le due parti.

Quando mi sono ritrovato nella stessa situazione qui in Giordania, durante la mia attività di visita ai carcerati all'interno del progetto di servizio civile, la sensazione di dejà vu è stata fortissima, come ritrovarmi all'improvviso nei panni di qualche attore hollywoodiano...

C'è però una diversa immaginazione dell'universo carcere non ricavata dal cinema ma bensì spesso dai mass media che vuole la persona incarcerata come essenzialmente maligna, antisociale, qualcuno che sia bene chiudere per sempre lontano da tutti noi, e che fa invocare certezza di pene infinite, e spesso rimpiangere anche antiche pene capitali.

Ebbene dopo i mesi che ho passato qui, e soprattutto i martedì in cui le mattinate spesso se ne vanno attendendo il momento di poter accedere al parlatorio, posso dire di aver incontrato persone ben diverse da questi clichè, i cui occhi impauriti, le continue domande sulle nostre corrispondenze con le loro famiglie lontane, gli affannati conti alla rovescia e le loro storie sfortunate mi hanno consegnato ricordi che porterò per sempre con me. Memorie di una umanità dolente, spesso defraudata dei più elementari diritti e spinta a tentativi di imprese illegali spesso finite male, molto, troppo male. Spero che il tempo voli davvero, per ognuno di loro...


La giustizia è come una ragnatela: Gli insetti più piccoli vi rimangono impigliati, ma quelli più grandi la evitano, bucandola
Solone

martedì 3 maggio 2011

Hanno ucciso l'uomo nero


Capimmo che era successo qualcosa di grosso quando vedemmo che il baseball si era fermato. Santi numi, addirittura il baseball. E certo, c'è da festeggiare, tutti in piazza a sgolarsi e darsi il cinque, manco avessero vinto i mondiali con rigore finale di Grosso.

Il Presidente un pò nero annunciava in un tripudio di tromboni che il mondo era diventato un posto migliore. Lui sì, che stava tenendo alto il nome della pace di cui lo avevano insignito del nobel. Disseminava pace che sembrava un contadino alle prese con la semina, Libia, Afghanistan, Pakistan...

Questa volta si era davvero superato, aveva ucciso il mostro finale, quello che noi poveri comuni mortali nei videogiochi non riuscivamo mai a superare, fino a quando ci stancavamo e passavamo appresso. Bhe sì, non è stato tutto rose e fiori. Qualche effetto collaterale ci è stato. In questo però li capisco, è come con gli effetti collaterali dei medicinali, non so voi ma io non guardo mai il foglietto illustrativo, se devo prendermi una pillola per farmi scendere la febbre non voglio sapere che posso rischiare la paralisi, infarti, ictus, e quant'altro.

Loro fecero un pò così, sul foglietto illustrativo della guerra al terrorismo c'erano alcune piccole controindicazioni, qualche centinaio di migliaio di civili uccisi, un numero di soldati americani morti più che doppio rispetto alle vittime dell'11/9, miliardi di dollari sottratti ai servizi per i cittadini americani. Mi sa che il foglietto lo buttarono proprio, neanche lo lasciarono nella scatola.

E da noi? ma sì, festeggiammo un pò anche quì, certo non fermammo il calcio, anche perchè la squadra del Presidente un pò alto stava per vincere il campionato, ma certo lui e i suoi amici esultarono anch'essi, e già che ci fummo esultò anche l'opposizione molto poco opposta, ma c'era da capirli, non è che di solito avessero molto da esultare.

C'erano poi i soliti guastafeste, quelli che rompono i coglioni anche nei momenti di giubilo. Qualcuno tentò di far notare che non si dovrebbe mai esultare per la morte di qualcuno, altri ricordarono che il terrorismo viene alimentato dalle varie missioni di pace in Iraq, Afghanistan etc etc molto più che dai farneticanti deliri dello sceicco che aveva perso il comando di al-qaeda ormai da tempo immemore. Che poi la stessa al-qaeda, a quanto dicevano gli analisti della CIA (non propriamente dei sabotatori comunisti) era ormai diventata una organizzazione parcellizzata in minuscole cellule, e quindi schiacciando la testa di serpente (?) non ci sarebbe stato nessun effetto domino, come invece tutti annunciavano fregandosi le mani. Viceversa, altri barbari attentati come quelli di Madrid, Londra, Bali, Marrakesch sarebbero da questo momento stati più probabili. Altri ancora, cercarono di ricordare quanto contenuto nel foglietto delle controindicazioni, ma era già andato perso da tempo.

Ma poco ce ne importò di costoro, loro che non si vogliono mai unire alla festa, e che a ben vedere portano pure sfiga. Comprammo bandiere e trombe, e via a celebrare.

Com'è che diceva quel tizio? Ah, sì.

Restiamo Umani

venerdì 15 aprile 2011

Restiamo umani /2


"... E mentre che moriva, morendo lui diceva, voi uccidete l'uomo ma non la sua idea ..."

(Canzone popolare dedicata a Giacomo Matteotti)


Un uomo di pace. Questo è stato Vittorio Arrigoni. Aveva scelto con chiarezza da quale parte stare, e l'enorme cordoglio espresso in queste ore dalla popolazione di Gaza ne è la riprova. Aveva scelto strade molto diverse dalla stragarande maggioranza dei ragazzi della sua età, aveva scelto di stare con i bambini e i pescatori di Gaza piuttosto che in qualche luccicante discoteca alla moda.

E come lui in tanti hanno fatto questa scelta, tante organizzazioni presenti nell'inferno di Gaza, una lembo di terra tanto piccolo quanto martoriato. Organizzazione laiche come l'International Solidarity Movement di cui faceva parte, e religiose come Pax Christi e Caritas, sempre in prima linea nell'assistenza alla popolazione civile martoriata dall'occupazione e nella denuncia di quanto avviene laggiù.

Adesso lui non c'è più, e la stampa che lo ha sistematicamente ignorato farà sfoggio della retorica di questi casi per un paio di giorni. Ma per quanto doloroso sia questo momento, forse la cosa più giusta fare al momento non è di pensare alla sua morte, ma alla sua vita, che è di esempio per tutti quelli che rimangono lì a Gaza e per gli altri che, si spera, il suo sacrificio richiamerà.

Addio Vittorio. La terra ti sarà lieve.

Restiamo umani

Restiamo umani


Un uomo di pace. Ecco cosa è Vittorio Arrigoni. Una razza purtroppo in via di estinzione in questi tempi in cui le guerre diventano umanitarie, i disperati che arrivano sulle nostre cose dal Nordafrica brigatisti a cui sparare, le dittature appoggiate fino a che non nuociono ad alti interessi economici, e la violenza un mezzo legittimo per raggiungere qualunque obiettivo.

Chi ha avuto la fortuna di conoscere i suoi scritti attarverso il suo blog o le sue collaborazioni col Manifesto o altri giornali conosce la sua storia e le sue idee, la sua scelta di vivere a Gaza accanto a una delle popolazioni più martoriate del mondo, e di praticare la Resistenza non violenta all'occupazione israeliana.

Ed è proprio quella popolazione di Gaza che in queste ore sta facendo di tutto per liberarlo, dopo che è stato rapito da un gruppo salafita che chiede ad Hamas in cambio del suo rilascio la liberazione di alcuni progionieri. Ne richiedono la liberazione perchè sanno di avere bisogno come il pane di persone come lui, ma non solo loro ne hanno bisogno. Ne hanno bisogno, e sembra un paradosso, anche gli israeliani che cercano soluzioni pacifiche al conflitto, dato che la pace, al contrario di quanto afferma un vecchio detto, si costruisce solo attarverso la pace.

Adesso i grandi giornali italiani si occupano di lui, dopo averlo sistematicamente ignorato quando rispondeva, come potete vedere nel link in fondo alla pagina, agli interventi filo-sionisti di Saviano al convegno "Per la verità, Per Israele". Così come lo ignorarono quando raccontava, unico europeo rimasto sul campo, i bombardamenti israeliani al fosforo bianco durante l'operazione Piombo Fuso del Gennaio 2009, in seguito sottolineati anche dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Adesso invece tutti ne parlano, perchè si sa che la cronaca nera fa più notizia della costruzione della pace.

E non ci si può esimere da chiudere come chiude lui i suoi pezzi, con una invocazione che ahimè non passa mai di moda, e che stavolta non può essere che rivolta ai suoi rapitori.

Restiamo umani.

lunedì 21 marzo 2011

Nato il 17 Marzo


Steso sul prato, a prendere il sole. Uno dei primi soli caldi dell'anno, che preannunciano l'esplosiva primavera partenopea. Il corteo era finito da poco, e io mi rilassavo insieme a tanti altri studenti medi sull'erba di Piazza Municipio, prima che i cantieri della metropolitana rendessero tutta la zona un enorme e grigio mostro sventrato. Fu in quella posizione, non certo la più adatta, che mi vidi arrivare addosso la carica della polizia, violentissima e immotivata, dato che i gruppi di "facinorosi" erano molto distanti da noi. E poi urla, lacrimogeni che ti tolgono il respiro, pianti e disperati tentativi di fuga in una piazza da cui nessuno poteva uscire per ordini superiori.
Era il 17 Marzo del 2001. Se penso che sono passati dieci anni mi corre un brivido lungo la schiena. A Napoli c'era il Global Forum, un incontro introduttivo per quello che sarebbe stato il G8 di Genova. E introduzione fu della sospensione dei diritti democratici che si vide per le strade genovesi, che culminò con l'assurdo omicidio di un giovane che ha segnato indelebilmente la mia generazione, come un punto di non ritorno, come risprofondare nelle agghiaccianti vicende vissute trent'anni prima dai nostri padri.

Seduto su una sediolino, a patire il freddo. Il freddo peggiore, quello delle ore immediatamente precedenti l'alba. All'aereoporto di Napoli Capodichino, in attesa di un aereo che mi avrebbe dovuto portare al Cairo per un viaggio di studio di un mese e mezzo, che poi sarebbero diventati tre. Era il 17 Marzo del 2006. Da allora non mi sono più fermato, Dakar, Damasco, Brighton, adesso Amman e dopo chissà. Il battesimo della mia vita nomade, cominciata cinque anni fa e di cui la fine ancora (fortunatamente) non si vede.

Il 17 Marzo del 2011 non è una giornata in cui mi accade qualcosa di particolare. é un giorno come altri di Servizio Civile, di lavoro con orfani, contatti con familiari di detenuti eccetera. Ma non posso fare a meno di notare quanto questo di 17 Marzo discenda da quegli altri due. Quella rabbia adolescenziale, molto ingenua ma anche molto spontanea che mi portava a protestare contro organismi responsabili delle profonde ingiustizie nella distribuzione delle risorse mondiali, è uno dei semi che mi ha spinto a cercare una esperienza come questa del servizio civile. Crescendo si impara a essere più riflessivi, a riconoscere le varie sfumature del bianco e del nero, ma certo non si perde, per chi l'ha avuto in adolescenza, quel senso di inadeguatezza a vedere tanti altri esseri umani soffrire a causa delle profonde sperequazioni economiche che caratterizzano il mondo.
Allo stesso tempo, il viaggio, il vivere in contesti diversi dal proprio non può non essere una componente essenziale di questa esperienza del servizio civile così come di tante altre che ho fatto e che farò. Si, idealmente i primi passi che mi hanno portato a questo 17 Marzo li ho mossi in altri 17 Marzo di altre epoche, lontane e vicine allo stesso momento...

PS. Il 17 Marzo quest'anno è significato anche la festa del 150° anniversario dell'Unità di Italia. Non mi è piaciuta la retorica, ma nonostante giro sempre di più e in Italia ci sto sempre di meno, cinque minuti li ho dedicati anche a un pensiero per quella che è comunque la mia prima casa. E le ho fatto gli auguri dentro di me, con buona pace di leghisti, neoborbonici e affini.

domenica 20 marzo 2011

Siamo in guerra

Una due giorni intensa qui ad Amman.
Un lungo meeting ieri, un pò di relax girovagando oggi.
Quando arrivo a casa sarà qualche ora che non vedo le notizie.
Ci risiamo.
Quanto ci hanno messo poco a decidere questa volta.
é solo l'ennesima rincorsa di interessi occidentali travestita da guerra umanitaria?
Era pensabile di lasciare Gheddafi libero di massacrare il suo popolo?
Sarà un altro Iraq?
Il milan ha perso.
La "primavera araba" sta finendo nel peggiore dei modi?
C'è qualcuno della stampa che prova a rispondere a queste domande con onestà senza servire un qualche padrone?
é avanzata la pasta di oggi, così non devo neanche cucinare.
Sarà sicura l'Italia a un tiro di schioppo dal nostro alleato fino all'altroieri?
Il comando militare a Napoli. Wow.
Ci risiamo.
Riusciremo mai a espellere la guerra dalla storia dell'umanità?
Non adesso. Ripassare in un futuro indefinito.
La prima volta Ruby aveva 16 anni.
Tra poco rivedo casa.
Ci risiamo.
Not in my name.
Ma adesso è ora di dormire.
Chissà se lì si dorme.
Ne dubito, i missili fanno parecchio rumore.

sabato 5 marzo 2011

Dall'altro lato della barricata


In principio era il Bip. Un lancinante, irritante bip. Poi c'era il secondo. E poi il terzo e così via. Ma non era mai prima del ventesimo bip che realizzavo quanto stava accadendo. Era la sveglia che gracchiava. Andava da sè che le mie suppliche della sera precedente non si erano avverate. La Juventus non mi aveva chiamato per giocare al fianco di Del Piero, il Vesuvio non aveva seppellito la mia scuola con una eruzione chirurgica, Masaniello non era tornato in vita per guidare una rivolta che mi avrebbe reso impossibile attraversare la città e raggiungere la mia classe.

Subito dopo cominciava l'affannato rituale descritto magistralmente nel primo Fantozzi di Caffelatte con pettinata incorporata e autobus da prendere al volo. Alla fine delle mie tribolazioni c'era però un premio ad attendermi. Il simil-sonnellino della prima ora da consumarsi rigorosamente all'ultimo banco (salvo improvvide interrogazioni).

Eh già perchè, scusate la digressione, ma se qualcuno non lo sapesse, il mondo si divide in due categorie. Quelli dei primi banchi, e quelli degli ultimi. Non ho niente contro di voi che starete leggendo e vi ricorderete di quando eravate seduti a 20 cm dalla Prof. adorata, delle vostre mani alzate sempre pronte a rispondere, di tutti i commenti interessati che facevate alle lezioni. Alla fine lo so che siete come tutti quanti gli altri e non meritate disciminazioni. é solo che senza di voi la scuola sarebbe un posto migliore. L'importante è che ne siate coscienti.

Tornando a noi, tutto quanto descritto sopra rispetto alle mie traumatiche sveglie dei tempi in cui ero un alunno non è cambiato di una virgola adesso che tra le varie cose del mio Servizio Civile lavoro come insegnante di inglese affiancandomi alle professoresse di ruolo. Unica piccola differenza, ahimè alla prima ora non posso schiacciare il pisolino. Ma è una esperienza davvero bellissima, credo che dovrebbe essere un diritto inalienabile di ogni alunno avere da grande una esperienza come professore...

Ogni ora accade qualcosa che mi riporta alla mente gli irripetibili anni passati in classe. L'altro giorno mi è capitato per caso di guardare sotto un banco, e che tuffo al cuore! avevo dimenticato che anche ai miei tempi c'era una piccola mensoletta con gomme appiccicate, fogli stracciati, la merenda per la pausa e quant'altro...

E i lanci di oggetti mentre la prof. è di spalle? Modestamente posso vantare più di un bernoccolo sulla testa di miei compagni di classe grazie alla mia precisione... e le battute fatte durante le interrogazioni che fanno infuriare l'insegnante? e le risse estemporanee mentre la prof scrive alla lavagna ed è girata di spalle? e la follia nei due minuti tra la fine di una lezione e l'inizio dell'altra? e le risate incontrollabili, che proprio perchè non puoi ridere, ridi sempre di più in faccia alla prof.?

Molte volte mi verrebbe voglia di sedermi con loro anche solo per cinque minuti e unirmi ai loro divertimenti. Ma non si può, a ognuno il suo tempo, e torno nel mio ruolo dettato dall'età che ho oggi. Quindi d'ora in poi chiamatemi, per usare un termine arabo, "O'Prufessore"

sabato 26 febbraio 2011

La storia sono loro


Sarà stato qualche anno fa. Due forse, o tre. Mi trovavo a Bologna in una di quelle plumbee giornate dell'inverno italiano. Aspettavo una persona, ma siccome freddo, vento e pioggia mi fiaccavano, decisi nell'attesa di dedicarmi a una delle mie attività preferite, ovvero infilarmi in una libreria e perdermi gironzolando qua e là, leggiucchiando una quantità enorme di copertine e abstracts dei testi. Il tempo davvero fugge in quelle occasioni, tra l'incontro con un libro nuovo e la piacevole sensazione di trovare un tomo già letto nel passato.

Quel giorno, mentre girovagavo senza meta mi imbattei nella quarta di copertina di un libro di Tiziano Terzani, adesso sinceramente non ricordo quale. Ma ricordo che rimasi impressionato da una frase in quarta di copertina che infatti spesso mi torna in mente da allora. Credo fosse una specie di autobiografia, perchè diceva che lui era stato testimone dei più grandi avvenimenti del suo tempo, mi sembra citasse la guerra in Vietnam, la caduta del Muro e altro. Su quella frase ci ho fantasticato tanto, immaginavo di poter dire la stessa cosa quando fra molti (non moltissimi!) anni avrò la sua età e ho un bel bagaglio di esperienze sulle spalle...

Quella sua frase non può non tornarmi in mente oggi, che mi trovo in Giordania proprio mentre i paesi arabi sono protagonisti di quello che reputo la più importante sollevazione contro un potere iniquo nel sud del mondo dai romantici tempi della decolonizzazione. Mi rimarranno indelebili le immagini delle centinaia di televisioni nei negozi ad Amman sintonizzate 24 ore su 24 su aljazeera durante i giorni di Tahrir Square. Della sensazioni nella folla festante fuori l'ambasciata egiziana ho già scritto in un altro post. E anche qui ad Amman, dove per la prima volta dopo venti anni la gente scende in piazza per reclamare riforme e maggiori libertà, senti un qualcosa di frizzante nell'aria, una nuova voglia di protagonismo per le masse arabe troppo a lungo schiacciate nell'angolo da autocrazie basate sulla violenza.

Mi rimarrà il senso di sgomento di questi giorni per quanto sta accadendo in Libia, le notizie che arrivano mi colpiscono profondamente, massacri degni di altre epoche in un paese che l'Italia ha sempre considerato come il giardino di casa propria. La stessa Italia che non sembra curarsi di molto di quanto sta accadendo se non per le fantasiose previsioni su numeri cataclismatici di profughi che dovrebbero riversarsi sulle nostre coste. Troppo impegnati a discutere delle feste serali del premier o di chissà quale altra notizia di gossip, il popolo italiano non sembra conscio delle sue reponsabilità in questa terribile carneficina portata avanti da un grande amico del festaiolo di Arcore nonchè fornitore di buona parte dell'energia che usiamo ogni giorno.

Ma nonostante le nostre colpe e il menefreghismo la ruota della storia qui continua ad andare avanti e a scrivere pagine di cui sono felicemente testimone (anche se defilato).

Adesso si, la Storia sono loro (e noi italiani ahimè dobbiamo sentirci esclusi)

martedì 15 febbraio 2011

La Giordania nel pallone


Come ogni paese arabo che si rispetti, anche qui in Giordania il calcio è seguito con una passione quasi religiosa. Il campionato giordano certo, ma sono seguitissimi anche i campionati europei pieni delle stelle più famose della pedata.

Appena dico di essere italiano in un taxi o parlando con qualcuno per strada, subito scatta la prima domanda: "Per quale squadra tifi?" Ognuno di loro ha una squadra preferita in italia, e tutti ti parlano dei calciatori italiani da cui sono più affascinati. I nomi? i soliti, Del piero, Totti, Baggio. Gli arabi sono molto amanti della fantasia, i difensori come me non li attirano troppo :(

E cosi la sera quando si va nei bar, mentre si fuma il narghilè e si beve il tè c'è sempre la televisione sintonizzata su aljazeera sport. A dire il vero il campionato che li affascina di più è quello spagnolo, e anche qui si dividono tra le grandi rivali di sempre, Barcellona e Real Madrid. Già ho notato per strada vari ragazzini con le maglie di Messi e Cristiano Ronaldo, e credo che aumenteranno con l'arrivo dei primi caldi quando i maglioni e le giacche saranno riposte.

Per chiudere, un caro saluto a tutti i nerazzurri di Caritas Ambrosiana, come da tradizione sconfitti a Torino, stavolta dal giovanotto che ammirate in foto. :)

sabato 12 febbraio 2011

La mia prima rivoluzione


E pensare che me la stavo perdendo...
Svegliarsi presto non è comodo per nessuno, per me men che mai, così al ritorno dal lavoro, di pomeriggio spesso schiaccio un pisolino...
Mentre dormo placido nel letto e sogno chissà cosa arriva paola a svegliarmi... chi osa disturbare il mio riposo? Bhè ne vale la pena, è arrivato l'annuncio, Mubarak si è arreso. Mubarak ha perso, e ha vinto il popolo egiziano. Giusto il tempo di infilare gli occhiali per guardare sulla bbc le immagini che da Piazza Tahrir arrivano di gioia incontenibile, inarrestabile, sincera, di chi ha trattenuto il fiato da 18 giorni o forse da molti anni...

Ho vissuto per tre mesi in Egitto nel 2006 e ho toccato con mano quanto fiato bisognava trattenere ogni giorno per paura della repressione e della polizia segreta e non...

Scendiamo dalla collina in cui abitiamo per trovare un taxi, il tassista è giordano ma è felice, quelli del Cairo sono suoi fratelli, ma ci lascia un pò lontano dall'ambasciata egiziana, che il traffico di caroselli comincia a un chilometro dalla sede dell'ambasciata...

E poi arriviamo finalmente, ed è gioia distillata, ed è la più bella immagine ti possa lasciare una umanità dolente ma fiera, che non ha piegato la schiena e che adesso esplode giustamente di gioia.

C'è chi canta, chi balla, chi piange, chi scandisce slogan, chi porta in braccio i propri bambini affascinati dai fuochi d'artificio e che magari adesso non capiscono, ma che si spera beneficeranno più di tutti di quanto sta avvenendo in queste settimane nel mondo arabo...

Il delirio di gioia dele persone è qualcosa che ti resta dentro, il primo ricordo indelebile di questo servizio civile. Già in tanti si interrogano sul futuro, sul cosa accadrà, sull'abilità degli egiziani di gestire bene la transizione, tutte domande legittime e da non trascurare, a cui da domani mattina bisognerà trovare risposte... ma stasera no. Stasera è festa. Auguri, Egitto

giovedì 10 febbraio 2011

Amman, Europa, 2011


Edward Said nella sua opera immortale lo chiamò "Orientalismo". Quell'immaginario collettivo Occidentale in cui prende vita un oriente mitico, popolato da luoghi e personaggi degni dei migliori romanzi avventura. Bhè, Amman è proprio il luogo in cui questo immaginario può essere decostruito. Palazzi, banche, locali, interi quartieri costruiti ad immagine e somiglianza dell'europa, o nei casi più gravi degli stati uniti.

Il punto centrale della questione è forse che Amman è una città alquanto nuova, (due anni fa hanno festeggiato i cento anni dalla fondazione), quindi le parti più antiche e tradizionali che abbondano ad esempio a Damasco e al Cairo qui sono assenti. Non ho la presunzione di venir qui a dire a loro quali stili seguire, alla fine io qui ci vivo ma solo per un anno, quindi sono più vicino temporalmente e concettualmente a un turista che a un abitante della città. Mi sembrerebbe un pò pretestuoso chiedere che loro vivano con modi e stili che magari non li attirano più solo per soddisfare la mia voglia di vivere un anno nel mitico oriente descritto dal Salgari di turno.

Detto ciò, la sensazione che provo è un pò più complessa. é qualcosa che provai già quando vissi per sei mesi in Senegal e quando girai Cuba durante un progetto di volontariato. Cercherò di spiegarla in un due parole. Io, così come credo molte delle persone che scrivono su questo blog, provo una certa insofferenza verso determinati stili ed esagerazioni della civiltà occidentale. E vado fuori sperando di trovare una opposizione ideale e reale a ciò che non sopporto del luogo in cui vivo. Macchè, sopratutto la gioventù dei luoghi sopracitati è spesso molto attratta da quanto prodotto in Occidente. Strana sensazione. Sentirsi minoritari a casa ma anche fuori. Come dicono i post-sessantottini? il fascino della sconfitta...

venerdì 4 febbraio 2011

I faraoni tremano, i re no...


Non è la prima volta che vengo in medioriente, ma questa volta ci arrivo nel mezzo della bufera. Tunisia ed Egitto docet. Siria e Yemen ne sanno qualcosa, e ne sapranno ancora di più forse nei prossimi giorni. La zona del mondo contraddistinta dai livelli più bassi di garanzie democratiche si è svegliata improvvisamente, paese dopo paese, in un crescendo rossiniano di rivolte e repressione. Paese simbolo di tutto ciò è l'Egitto, assurto ancora una volta a cartina tornasole di quanto accade nel mondo arabo. Il faraone Mubarak, già in procinto di passare lo scettro al figlio ha dovuto cambiare i suoi piani, è stato abbandonato anche dai sempre interessati USA e la sua resistenza da sempre più l'impressione di essere un mero tentativo di strappare una pace "onorevole".

E la Giordania??? Sono qui da pochi giorni e non posso avere una visione completa delle cose, ma pare che non seguiremo quanto accade nel resto del mondo arabo. Ci sono manifestazioni di protesta tutti i venerdì ma quando si arriva a mille partecipanti gli organizzatori fanno festa... il re inoltre ha cambiato il primo ministro per accontentare le richieste anche se pare che gattopardianamente sia cambiato tutto per non far cambiare niente, visto che il nuovo arrivato è in realtà l'ex primo ministro in carica dal 2005 al 2007... globalmente l'impressione è che la situazione sociale in giordania sia troppo particolare (più della metà rifugiati palestinesi, moltissimi giovani e giovanissimi et similia) per immaginarsi chissà quali sconvolgimenti, almeno nel breve periodo...

ps. Il viaggio è stato faticoso, la casa è bella e grande, il tempo per adesso fa schifo, il cibo è mediorientale, io sto bene e saluto tutti gli spettatori da casa....

martedì 18 gennaio 2011

Cominciò così.....

È giovedi sera. La qual cosa promette bene. Festa, amici, alcool e cosi via. È la dimensione che mi serve, quella in cui più mi trovo a mio agio. Risate, battute, imitazioni, e quell’insana voglia di essere al centro dell’attenzione. Diceva De andrè che se sai suonare ti tocca farlo e ti piace lasciarti ascoltare. Si può dire la stessa cosa per chi sa sparare stronzate? Io lo dico per me, ognun per sé e dio per tutti. Ma questo giovedì sera sono tutti troppo impegnati per immergersi nel mondo dionisiaco delle stupidaggini dette a mitragliatrice. Quello esce con la ragazza, quell’altro con la si spera futura ragazza, quell’altro ha l’esame domani, quell’altro ha l’influenza. Grande. Mi tocca la serata a casa. O forse no. Suona il cellulare, la prima volta. Niente casa, stasera, si va a Terzigno dice Daniele. Bè, poco male, nutrirò la parte socialmente impegnata dei miei neuroni stasera. Ma allora è vero che vuoi somigliare a Che Guevara e Don Chisciotte. Carichiamoci un paio di birre, non si sa mai che riusciamo a fare questo e quello. Che posto strano, Terzigno. Ci sono stato una volta in vita mia, era il matrimonio di un amico di famiglia, avevo si e no dieci anni e cavolo, mi annoiai a tal punto che rimpiansi di non essere a scuola. Le camionette della polizia. Non quella che definirei un’immagine che mi ispira. Sapete, ricordi poco gioiosi, cariche, lacrimogeni e manganelli. Il mio immaginario è colonizzato da brutte esperienze col potere e chi lo rappresenta, in una declinazione tipicamente meridionale. Pulcinella, De filippo, Troisi. Non immaginavo ci fosse tanta gente a Terzigno. Conosco anche un ragazzo di Roma, e poteva mai non parlarmi di Totti? Oddio, ma quando lo capiranno che è un ex-giocatore oramai? Poi c’è Maria. Avrà 50 anni o poco più. Occhi scuri e tristi, come la terra in cui vive. Non ci vivono più il marito e due figli. Anzi non vivono proprio più. Morti. Tutti per cancro. Vive vicino alla discarica. Gennaro, ne avrà 70. Lui ha perso un figlio e un nipote. Amen. Vive vicino alla discarica. Salvatore. Già operato due volte, non ha molte speranze di farcela. La moglie non lo piangerà, Iei è già morta. Vive vicino alla discarica. I volti, i nomi, le storie. Mi sa che le birre rimarranno in macchina. La rabbia, che mi sale. La stessa che mi saliva nelle baraccopoli di Dakar, nelle periferie del Cairo, negli orfanotrofi del Mali, luoghi dove sono fioriti imperi e da dove oggi parte un’umanità triste, che sparge i suoi figli in giro per il mondo come una ferita che non si rimargina mai. Quanti pensieri confusi nella mia testa. Adesso tutto sembra più piccolo, la voglia di festa del giovedì sera, le mie passioni, il cinema, la musica, i libri. Smarrimento. Ecco la parola giusta. Ma non c’è tempo per ritrovarsi. Arriva la polizia, arriva la risposta alle richieste di giustizia, arrivano le fughe precipitose, i blocchi, il sangue. Cosa ne è di Maria, di Giuseppe, di Salvatore? Chi ascolta il loro lamento? Chi tenta di sorridere quando ti raccontano degli aneddoti dei loro cari scomparsi? L’importante è l’ordine pubblico, l’essere umano e l’individuo vengono stuprati dagli ordini dall’alto, cosi come a Dakar, Il Cairo, Bamako. E poco importa se loro cercano di arrivare da noi in fuga dall’orrore, sono solo numerini per i dati rassicuranti del sorridente ministro dei temporali. Che notte. Pensare che avevo programmato di bere, ridere e giocare. Ma la vita è anche questo, ed è questo che mi piace fare, starci dentro, altrimenti il senso si perde. È già l’alba. Ovviamente sono illeso, a scappare sono sempre stato il numero uno, da piccolo ad acchiapparello ero un mago, per chi sapesse come si gioca. La gente ritorna alle loro case e ai loro innumerevoli lutti sovrapposti. Torniamo a Napoli. Di prima mattina a Mergellina, ti puoi quasi dimenticare di tutto il resto, ecco cosa mi riempie e mi da la forza. La bellezza. Non c’è foschia e vedi Capri che sembra la puoi toccare. Quella laggiù è Procida? La bellezza ci aiuta, la bellezza è nelle strade, la bellezza è in Maria e Gennaro, nelle persone, nello stare vicino a chi ha bisogno. Torniamo a casa va. Venerdì mattina. Ottimo momento per dormire. Serranda chiusa, pigiama e russata libera. Cado subito in dormiveglia. Il cellulare. Suona la seconda volta. Ma come avrò fatto a dimenticarmi di spegnerlo? Chi sarà che rompe alle 10 del mattino? Caritas. Sono stato selezionato. Giordania. Stupendo, questa sì che è una notizia. Stasera si festeggia. E mi toccherà pure offrire.