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sabato 30 aprile 2011

LE COSE CAMBIANO!(?)

Son preso un po’ alla sprovvista,ho visto solo ora che c’era anche questa parte da fare.Scrivere,scrivere come stai e cosa provi,perché queste cose si sanno, uno parte sempre con l’intenzione di scrivere qualcosa di tranquillo,di distaccato,ma poi si fa trascinare dagli eventi,dalle emozioni che ti assalgono e non ti fanno più smettere di pigiare tasti(e per fortuna che sto usando la tastiera,che sinceramente odio,perché se avessi avuto in mano una penna sarebbe stato molto peggio).
Sono a Managua da tipo due mesi,qualcosa più o qualcosa meno,il tempo è cosi diverso da quello italiano. Qui ho già perso da un po’ il numero dei giorni,le date,tutti quei collegamenti razionali e monotoni che però ci aiutano tanto a definire,a strutturare pensieri e giornate.
Questa non è la mia prima esperienza di “volontariato/umanitaria/mettermi in gioco/chiamala come vuoi,son solo etichette inutili”, però è tutto un continuum,tutto si interseca, intreccia in un gomitolo che via via si fa più chiaro,che man mano ti incasina.
Per due mesi son andato tutti i giorni al lavoro, in un posto brutto,davvero brutto, dove, oltre alla polvere, si respirano rassegnazione mischiata a rabbia, tristezza mixata a follia, ma più di tutto ti arriva nei polmoni quell’odore bastardo,acre, impossibile da mandare via,di chi sa che non cambierà mai nulla,di chi guarda quelli come me che son pieni di buona volontà, che vogliono cambiare anche solo qualcosina,non il mondo(quello lo volevo cambiare qualche anno fa,ma l’ego ha preso troppe bastonate),e ridono,di quel sorriso che vuole solo dirti ok,sbattiti,lavora e briga e fai e dai,ma tanto quando l’anno prossimo te ne vai arriverà solo un altro supereroe dei nostri tempi,e tutto ricomincerà da capo,senza risultati,normale routine. E tu all’inizio dici vedremo,io non sono l’altro,ho le mie potenzialità,e, impettito dai complimentoni che ti han fatto al lavoro in Italia o a scuola, parti a treno,e lavori e brighi e disfi e poi,quando sei al limite delle forze, alzi lo sguardo,e dici “ e mò?”. E partono un bel po’ di paranoie,e non son più i piccoli ticchettii della pioggia, è un uragano amici,che ti assale e ti urla dentro e tu non puoi proprio accendere il tuo ipod,il volume non sarà mai abbastanza alto e poi ai tuoi timpani sotto sotto un po’ ci tieni,quindi domande: iniziamo
1)Ma io servo davvero a qualcosa qui?
2)E se fosse venuto un altro al posto mio?
3)Ma ogni volta che vai in un altro posto verrai sempre visto come un bianco pieno di soldi(no perché dopo un po’ ti girano anche un po’ le palle)
4)Ma inventeranno mai una birra buona,ma buona davvero,che però non ti fa andare in bagno 100 volte dopo che ne hai bevuti 3 litri?
E poi…e poi vado a comprarmi le sigarette(amici nicotinomani,qui è una pacchia,meno di un euro per un pacchetto di sigarette,e son pure buone),e la signora della baracca dove le compro mi dà il resto sbagliato,tipo 8 centesimi di euro in più,e io glielo faccio notare e le restituisco i soldi in eccesso,e sta qua mi guarda come se fossi un alieno e mi fa un sorriso che neanche mia madre me lo ha mai fatto,e mi ringrazia,ma mi ringrazia davvero,mica un grazie dovuto. E io sorrido,e torno al lavoro, e vedo tanti sorrisini che nel mio stato di preso male non notavo,e i bambini del Guis,mamma mia quanto sono belli. E anche se sono muti o non sanno parlare e non si muovono neppure in alcuni casi,mi danno tanta di quella forza,di quella luce che ho la ricarica di ottimismo a vita. E sono ancora pronto a sfidare coloro che sono convinti che nulla si può cambiare.


MARCO SUPERTRAMP

giovedì 28 aprile 2011

Uomini e no


Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, altri che lottano un anno e sono più bravi, ci sono quelli che lottano più anni e sono ancora più bravi, però ci sono quelli che lottano tutta la vita: essi sono gli imprescindibili. (Bertolt Brecht)

Sono giorni pesanti, in cui i pensieri si rincorrono e si affollano in una mente già troppo intasata. Sono le 3 di notte, la speranza è tanta, la voglia di sentirsi annunciare finalmente la tua liberazione aumenta di minuto in minuto.
È un tam tam di notizie, di gente che ti contatta per avere info, per passarti link, per condividere e alimentare l’illusione della buona notizia.
Poi il vuoto, il silenzio e infine l’urlo, che non è vero, che non può essere vero, che si sono sbagliati, che forse sei ancora li a combattere.

Aspetto la smentita in silenzio, con gli occhi lucidi, con l’irrazionalità di chi sogna sempre e non vuole crederci.

Come per ogni lutto c’è bisogno di tempo per metabolizzare e neanche il tempo spesso riesce a colmare quei vuoti. Perché non c’è umanità in tutto questo, perché restare umani adesso è un utopia.
Le dietrologie non mi sono mai piaciute, ma il perché me lo chiedo sempre.

Probabilmente l’unico modo per ricordarti non sono le lacrime, ma continuare a stare dalla parte degli oppressi, dalla parte degli ultimi e restare umani…anche quando non c’è nulla di umano intorno.

Sei stato testimone del fatto che la storia viene scritta dalla gente comune e questa è la storia che vorrei i miei figli leggessero…
...a winner is a dreamer who never gives up.

Buon viaggio, questo 25 Aprile è per te.

A Vittorio Arrigoni

Hanno ucciso tutti

Ibrahim Nasrallah
(trad. Wasim Dahmash)

Hanno ucciso tutti
hanno ucciso tutti i minareti
e le dolci campane
uccise le pianure e la spiaggia snella
ucciso l'amore e i destrieri tutti, hanno ucciso il nitrito.
Per te sia buono il mattino.
Non ti hanno conosciuto
non ti hanno conosciuto fiume straripante di gigli
e bellezza di un tralcio sulla porta del giorno
e delicato stillare di corda
e canto di fiumi, di fiori e di amore bello.
Per te sia buono il mattino.
Non hanno conosciuto un paese che vola su ala di farfalla
e il richiamo di una coppia di uccelli all'alba lontana
e una bambina triste
per un sogno semplice e buono
che un caccia ha scaraventato nella terra dell'impossibile.
Per te sia buono il mattino.
No, loro non hanno amato la terra che tu hai amato
intontiti da alberi e ruscelli sopra gli alberi
non hanno visto i fiori sopravvissuti al bombardamento
che gioiosi traboccano e svettano come palme.
Non hanno conosciuto Gerusalemme … la Galilea
nei loro cuori non c'è appuntamento con un'onda e una poesia
con i soli di dio nell'uva di Hebron,
non sono innamorati degli alberi con cui tu hai parlato
non hanno conosciuto la luna che tu hai abbracciato
non hanno custodito la speranza che tu hai accarezzato
la loro notte non si espone al sole
alla nobile gioia.
Che cosa diremo a questo sole che attraversa i nostri nomi?
Che cosa diremo al nostro mare?
Che cosa diremo a noi stessi? Ai nostri piccoli?
Alla nostra lunga dura notte?
Dormi! Tutta questa morte basta
a farli morire tutti di vergogna e di sconcezza.
Dormi bel bambino.

domenica 24 aprile 2011

Banconote moldave

Su tutte le banconote moldave è riportato un cerchio con una scritta: «Pe-un picior de plai, Pe-o gura de rai…» .
Incuriosita, chiedo ad una collega, che mi spiega come siano le prime due strofe della Miorita, una famosa ballata popolare, tramandata oralmente da secoli.

La ballata narra la storia di un pastorello moldavo. Egli viene avvertito da un’agnellina del fatto che altri due pastori abbiano deciso di ucciderlo. Rassegnato all’idea, il pastore chiede all’agnellina di seppellirlo con il suo flauto e di non dire alla madre della propria morte, ma di narrarle di essersi sposato con una principessa.

Mi viene sottolineato come la ballata espliciti il carattere moldavo: buono, ma rassegnato ai soprusi. Mi piace allora contrapporre questo con la storia di una ragazza dell’appartamento sociale. Situazione familiare tragica alle spalle, è riuscita a trovare un lavoro e nel tempo libero aiuta alcuni anziani del villaggio.

Ho parlato di un agnello, ho parlato di riscossa, non mi resta che augurarvi buona Pasqua!

venerdì 22 aprile 2011

Via Crucis... e la Madonna Muzungu!

ebbene si, per lo stupore della gente, oggi nella via crucis io ero la Madonna!
e non una semplice via crucis, bensì un percorso in mezzo alle stradine del quartiere delle prigioni di Kamiti, della durata di due ore (più mezzora per raggiungere il luogo della partenza), sotto il sole cuocente di mezzogiorno... e non una semplice lettura della bibbia, bensì la recita con vestiti, croce, corde, corona di spine e crocefissione reale!
e in tutto questo io avevo una veste bianca di raso, un drappeggio azzurro pesante sulla testa, e per 4 ore (la durata totale della funzione, via crucis più messa) ho sofferto e patito il caldo, ho recitato (cosa che proprio mi fa imbarazzare all'inverosimile) e quasi svenivo (eh,si,pure pressione bassa)!

se questo non è devozione al lavoro...
no, è vero, l'ho fatto solo per i miei cari ragazzi che mi hanno "pregato" di farlo... mannaggia a loro! 
 
Maurizio, lo so che ti starai facendo delle grasse risate, e come da te richiesto, ecco le foto!


venerdì 15 aprile 2011

..in data 12/04/2011 è stata presentata e pubblicata una Carta Pastorale circa una lettura attenta e profonda sulle varie dimensioni della società boliviana. L'intento è quello di formare le coscienze nella politica contribuendo alla percezione delle reali esigenze di giustizia e dignità esistenti. E' suddiviso in 8 capitoli, ciascuno dei quali tratta un tema differente: 1- Introduzione 2-Analisi sulla Chiesa in Bolivia 3- Aspetti sociali : miglioramenti e ambiguità 4- Potenzialità e Ricchezza dell' Interculturalità 5- Economia e Giustizia Sociale 6- Politica 7- La relazione tra la Chiesa e la Società boliviana 8- Chiamati ad essere discepoli e missionari di Cristo Una vera proposta di soluzioni concrete per apportare un miglioramento delle condizioni di questa società che ogni giorno si trova ad affrontare ostacoli sempre più grandi, e un vero brodo caldo per l'anima per tutte quelle persone che nutrono ancora la speranza che il vero cambiamento possa avvenire solo attraverso un cammino fondato sulla solidarietà e il calore umano e io faccio parte di queste persone! per chi fosse interessato è possibile scaricare la Carta direttamente dal sito: http://www.iglesiaviva.net/

Restiamo umani /2


"... E mentre che moriva, morendo lui diceva, voi uccidete l'uomo ma non la sua idea ..."

(Canzone popolare dedicata a Giacomo Matteotti)


Un uomo di pace. Questo è stato Vittorio Arrigoni. Aveva scelto con chiarezza da quale parte stare, e l'enorme cordoglio espresso in queste ore dalla popolazione di Gaza ne è la riprova. Aveva scelto strade molto diverse dalla stragarande maggioranza dei ragazzi della sua età, aveva scelto di stare con i bambini e i pescatori di Gaza piuttosto che in qualche luccicante discoteca alla moda.

E come lui in tanti hanno fatto questa scelta, tante organizzazioni presenti nell'inferno di Gaza, una lembo di terra tanto piccolo quanto martoriato. Organizzazione laiche come l'International Solidarity Movement di cui faceva parte, e religiose come Pax Christi e Caritas, sempre in prima linea nell'assistenza alla popolazione civile martoriata dall'occupazione e nella denuncia di quanto avviene laggiù.

Adesso lui non c'è più, e la stampa che lo ha sistematicamente ignorato farà sfoggio della retorica di questi casi per un paio di giorni. Ma per quanto doloroso sia questo momento, forse la cosa più giusta fare al momento non è di pensare alla sua morte, ma alla sua vita, che è di esempio per tutti quelli che rimangono lì a Gaza e per gli altri che, si spera, il suo sacrificio richiamerà.

Addio Vittorio. La terra ti sarà lieve.

Restiamo umani

Comunicato di Pax Christi su Vittorio Arrigoni

"Non ce ne andiamo, perché riteniamo essenziale la nostra presenza di testimoni oculari dei crimini contro l'inerme popolazione civile ora per ora, minuto per minuto".
Così ripetevi durante Piombo fuso, unico italiano rimasto lì, tra la tua gente, tra i volti straziati dei bambini ridotti a target di guerra. Così mi hai ripetuto pochi mesi fa prima di abbracciarmi: io obbedivo all'ultimatum dei militari al valico di Heretz che mi ordinavano di uscire dalla Striscia, ma tu restavi. Questa era la tua vita: rimanere. Sei rimasto con gli ultimi, caro Vittorio, e i tuoi occhi sono stati chiusi da un odio assurdo, così in contrasto, così lontano dall'affetto e dalla solidarietà della gente di Gaza, da tutta la gente di Gaza che non è “un posto scomodo dove si odia l'occidente”, come affermano ora i commentatori televisivi, ma un pezzo di Palestina tenuta sotto embargo e martoriata all'inverosimile.

Immaginiamo i tuoi amici e compagni palestinesi ancora una volta inermi, ancora una volta senza una voce che porti fuori da quella grande prigione la loro disperazione, testimonianza della loro umanità ferita e umiliata. Non spendiamo parole per quelli che non hanno saputo essere, e per questo non sono restati, umani. La tua gente di Palestina non dimenticherà il tuo amore per lei. Hai speso la tua vita per una pace giusta, disarmata, umana fino in fondo.

Anche a noi di Pax Christi mancherà la tua “bocca-scucita” che irrompeva in sala, al telefono, quando, durante qualche incontro qui in Italia, nelle città e nelle parrocchie dove si ha ancora il coraggio di raccontare l'occupazione della Palestina e l'inferno di Gaza, denunciavi e ripetevi: “restiamo umani!” Tu quell'inferno lo raccontavi con la tua vita. 24 ore su 24. Perché eri lì. E vedevi, sentivi, vivevi con loro. Vedevi crimini che a noi nessuno raccontava. E restavi con loro.


Abbracciamo Maria Elena, la tua famiglia e vorremmo sussurrare loro che la tua è stata una vita piena perché donata ai fratelli e che tutto l'amore che hai saputo testimoniare rimarrà saldo e forte come la voglia di vivere dei bambini di Gaza.


Ci inchiniamo a te, Vittorio. Ora sappiamo che i martiri sono purtroppo e semplicemente quelli che non smettono di amare mai, costi quel che costi.


Don Nandino Capovilla coordinatore nazionale di Pax Christi Italia http://www.peacelink.it/paxchristi/a/33825.html

Restiamo umani


Un uomo di pace. Ecco cosa è Vittorio Arrigoni. Una razza purtroppo in via di estinzione in questi tempi in cui le guerre diventano umanitarie, i disperati che arrivano sulle nostre cose dal Nordafrica brigatisti a cui sparare, le dittature appoggiate fino a che non nuociono ad alti interessi economici, e la violenza un mezzo legittimo per raggiungere qualunque obiettivo.

Chi ha avuto la fortuna di conoscere i suoi scritti attarverso il suo blog o le sue collaborazioni col Manifesto o altri giornali conosce la sua storia e le sue idee, la sua scelta di vivere a Gaza accanto a una delle popolazioni più martoriate del mondo, e di praticare la Resistenza non violenta all'occupazione israeliana.

Ed è proprio quella popolazione di Gaza che in queste ore sta facendo di tutto per liberarlo, dopo che è stato rapito da un gruppo salafita che chiede ad Hamas in cambio del suo rilascio la liberazione di alcuni progionieri. Ne richiedono la liberazione perchè sanno di avere bisogno come il pane di persone come lui, ma non solo loro ne hanno bisogno. Ne hanno bisogno, e sembra un paradosso, anche gli israeliani che cercano soluzioni pacifiche al conflitto, dato che la pace, al contrario di quanto afferma un vecchio detto, si costruisce solo attarverso la pace.

Adesso i grandi giornali italiani si occupano di lui, dopo averlo sistematicamente ignorato quando rispondeva, come potete vedere nel link in fondo alla pagina, agli interventi filo-sionisti di Saviano al convegno "Per la verità, Per Israele". Così come lo ignorarono quando raccontava, unico europeo rimasto sul campo, i bombardamenti israeliani al fosforo bianco durante l'operazione Piombo Fuso del Gennaio 2009, in seguito sottolineati anche dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Adesso invece tutti ne parlano, perchè si sa che la cronaca nera fa più notizia della costruzione della pace.

E non ci si può esimere da chiudere come chiude lui i suoi pezzi, con una invocazione che ahimè non passa mai di moda, e che stavolta non può essere che rivolta ai suoi rapitori.

Restiamo umani.

lunedì 11 aprile 2011

BACK IN THE (EX) U.S.S.R. !


“Si torna in U.S.S.R.”, cantavano i Beatles nel 1968…

Noi torniamo in Moldova il 12 Aprile 2011, nel giorno del 50° anniversario del viaggio di Juri Gagarin, primo uomo nello spazio. So che il legame tra i due eventi è più che labile, ma il fatto mi gasa comunque! Il volo di Gagarin, utilizzato anche come propaganda sovietica durante la Guerra Fredda, mi affascina dal punto di vista strettamente scientifico: con esso l’uomo ha iniziato ad esplorare lo spazio non solo indirettamente, mediante sonde, telescopi ed altro, ma anche tramite la presenza fisica dell’uomo stesso.

Mi piace poi vedere come la storia dell’esplorazione spaziale dell’uomo si sia evoluta dopo Gagarin, fino ad arrivare all’attuale Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Attualmente abitata da sei astronauti, essa costituisce un laboratorio orbitante a 400 km circa da Terra, ove è possibile studiare gli effetti della microgravità. Ad esempio, la quasi totale assenza di gravità accelera il processo di decalcificazione ossea, rendendo possibili studi medici in un tempo minore rispetto a quanto avverrebbe a Terra. Senza l’illusione dell’idillio, è interessante sapere come alla sua realizzazione abbiano partecipato e partecipino congiuntamente Stati Uniti, Russia, Europa, Canada, Giappone (http://esamultimedia.esa.int/docs/issedukit/it/html/index.html ).

Riportando i piedi per terra … i Beatles, nella loro canzone, fantasticavano sull’accoglienza delle ragazze Ucraine e Georgiane; io sono sicura della gentilezza che ci riserveranno ancora i nostri amici moldavi!

p.s.: pare che Gagarin abbia trascorso alcuni giorni, per rilassarsi, nelle cantine di Cricova, la più importante azienda vinicola della Moldova … mica scemo!

venerdì 1 aprile 2011

[OT] Reportage da Haiti 2: Matteo racconta

Il tempo di stare a Port au Prince è terminato: si parte per arrivare a Port de Paix.
Sono 150 km, un totale di 7-8 ore sulle strade haitiane, quindi l’unica via percorribile è un aereo da 15 posti che opera voli giornalieri. Partenza dall’aeroporto internazionale, arrivo su strada sterrata che viene chiusa al traffico di auto, muli e persone a colpi di fischietto.
Dall’aereo si può intravedere quello che rimane della perla nera delle Antille, una volta conosciuta per le piantagioni di caffè, canna da zucchero e cacao. Oramai di suolo boscoso non è rimasto più niente: l’ecosistema tropicale è stato spolpato fino a ridurlo a desertico, l’esportazione di legname pregiato da parte del presidente o dittatore di turno. La miseria delle povera gente che produce carbone per sopravvivere non ha lasciato che una terra bruciata dal sole ed erosa dal vento.
Il contrasto con la cugina Repubblica Domenicana sembra un esercizio cromatico: di là verde lussureggiante, di qua marroncino miseria. Port de Paix si fa fatica a descriverla senza cadere nella retorica: caldo, sporcizia, strade fatiscenti, cumuli di calcinacci che non sono lì grazie al terremoto.
Fanno da sfondo ad una frenetica quanto indecifrabile attività umana: sull’unica strada parallela al mare, sembra che la città intera sia riversa sulle strade urtandosi, strusciandosi, tamponandosi rimproverandosi e salutandosi ad un ritmo di una danza frenetica ed incomprensibile.
Il porto della città è stato dismesso anni fa dalla fame di centralismo di un ex presidente che, in questo modo, ha potuto concentrare tutti i traffici direttamente dalla capitale. Sulla strettissima spiaggia non ci sono bagnanti, ma è comunque popolata: si vedono sono maiali che mangiano la spazzatura che ricopre la sabbia e vecchie navi arrugginite. Siamo di fronte a Tortuga, l’isola dei pirati di Salgari. Sulle sue coste si può ancora nuotare, non ci sono più i pirati, ma in qualche maniera l’isola, come tutta questa costa di Haiti, conserva qualcosa di quel vivere fuori dalle regole. Infatti è nota la presenza di narcotrafficanti che trovano in questo punto di Haiti lo snodo preciso a metà tra la Colombia e la Florida, non infastidiscono più di tanto e forse qualche cosa investono pure in questa terra per loro tanto accogliente quanto indifferente. Incontrata la Caritas locale, andiamo a raggiungere quello che è l’avamposto dei missionari diocesani ambrosiani qui nel nord di Haiti.
Sono a Mar Rouge, 50 di km dalla città che si traducono in 3 ore di fuoristrada con tanto di guado del fiume. Il posto è diverso da quello che abbiamo conosciuto fino a questo momento: siamo in una zona collinare, la temperatura scende e la mattina è frequente la nebbia. Siamo in una zona rurale immersi in una vegetazione che ancora si conserva. I lenti ritmi della campagna concedono un po’ di tranquillità e lasciano spazio alla riflessione. La povertà e l’indigenza anche qui la fanno da padrone: anche qui il nocciolo della questione è il tessuto sociale debole che, nonostante il contesto, fa fatica ad organizzarsi, a creare reti di solidarietà, a valorizzare una terra dura, ma non ostile. Il sospetto e la paura tra le persone impone relazioni privilegiate, condiziona il comportamento e spinge a pensare al proprio interesse. Sono frequenti i racconti in cui, dopo aver messo in marcia un progetto, qualche persona è letteralmente “scappata con la cassa” vanificando sforzi e frustrando l’impegno di chi rimane con un niente in mano. Le credenze aiutano a creare questa barriera tra le persone, alimentano la divisione in gruppi. I missionari ci hanno raccontato che dopo il terremoto, alcune sette religiose hanno interpretato il terremoto come la punizione divina sulla religione cattolica, visto il crollo della cattedrale e la morte del vescovo di Port au Prince.
La pratica del Vodoo, trasversale a tutti i gruppi religiosi, nella sua accezione di rito nero, fomenta la paura di essere oggetto di riti malefici e fa in modo che per ogni disgrazia avvenuta si sospetti del vicino o del conoscente, ma più spesso del più debole. Una persona importante invece, aumenta il suo ascendente grazie al Vodoo: i riti costano ed una persona ricca se ne può permettere tanti. Meglio assecondare chi può maledire la tua condizione già precaria.

Padre Giuseppe, Padre Mauro, la missionaria Maddalena ed un eclettico Sig. Mauro, che ha deciso raggiungere Padre Giuseppe fino in capo ad Haiti, sono ben visti dalla gente di Mar Rouge e vivono in una struttura modesta vicino a quella delle gente comune. La domenica "la grondaia" dove celebrano, è gremita di persone come non succede nelle parrocchie vicine. Da anni cercano di coinvolgere le persone nell’essere protagoniste del proprio sviluppo umano e sociale. La casa dei missionari è di riferimento per qualsiasi tipo di necessità: dal malato, alla richiesta di aiuto e conforto.
Lo sforzo è enorme, i mezzi scarsi ed in vincoli tanti: la visione non è idealista né romantica.
Il confronto anche con i fidei donum africani non è incoraggiante, ma si continua a fare la goccia che prova a scavare la roccia dura di Haiti.
La sera si cena assieme: l’orario è italiano, si benedice la tavola: “Benedici il cibo che stiamo per prendere e questa terra strana, ma comunque bella”.

Una piccola luce si accende nel buio della notte a Mar Rouge.

Matteo Fietta