Mi sveglio ogni mattina a Kahawa West, dove abito quest'anno, periferia medio borghese di Nairobi, la capitale. Non è zona turistica, ma è il posto più ricco del paese (forse di tutto il sud-est africano), e contemporaneamente più povero, ma procediamo un passo per volta. Colazione: cavolo manca l'acqua! La stagione delle piogge non arriva e le persone aspettano la benedizione dal cielo: mentre qui in città è solo una questione “di rubinetto”, nel nord del paese i raccolti stanno letteralmente bruciando (% persone senza accesso diretto all'acqua: Italia O – Kenya 41%). Posso comunque ritenermi fortunato, ho due taniche da 15 litri sotto il lavandino per ogni evenienza. Verso le 8 esco di casa, il sole è già a picco ma il mercato lungo la strada è ancora vuoto, ci sono solo i matatu, cioè il servizio di trasporto pubblico...più o meno: i matatu sono dei malmessi pulmini con 15 posti, “estendibili”a 20 per casi di necessità, che con la musica irrimediabilmente a palla sfrecciano per le strade, salgono sui marciapiedi e vanno contromano più spesso che in un telefilm americano, e nessuno gli dice niente perchè il giro di affari dei matatu è gestito dai Mugiki, la mafia locale: ebbene si, anche noi abbiamo qualcosa in comune col Kenya... inizialmente associazione legale di cui facevano parte le persone che avevano lottato per l'indipendenza del paese dal Regno Unito senza riceverne alcun profitto, oggi setta clandestina infiltrata in tutta la società, politica inclusa (% persone vittime di corruzione nell'ultimo anno: Italia 6% - Kenya 32%). Torniamo a noi, dov'eravamo rimasti? Già, il mercato...puoi trovare i pomodori e le melanzane, le patate e la papaya, e non mancano i quotidiani, tutti concentrati sulle elezioni dell'anno prossimo, nella speranza che non si ripetano le violenze etnico-politiche del 2008 (circa 600 morti per cui sono indagati dall' Aja per crimini contro l'umanità alcuni dei maggiori esponenti politici): le etnie sono più di 40 ma le più potenti sono 3 o 4, ognuna con il suo candidato di riferimento, perchè se vince il tuo candidato, speri di avere una fetta della torta.
Finalmente arrivo in comunità! “Habari Yako! Mzuri Sana!” I ragazzi mi salutano calorosamente, loro sono arrivati qui dopo essere usciti dal carcere minorile dove passano 4 mesi per aver commesso reati di poco conto. Dimenticate violenza e bullismo, in Kenya si ruba per mangiare, si litiga con la madre perchè il patrigno di etnia diversa ti picchia e ti sbatte fuori di casa, si sniffa la colla per non sentire la fame. Chi finisce in carcere è segnato a vita: la famiglia non ti rivuole indietro, e trovare lavoro è quasi impossibile. Oltre il danno, anche la beffa: è la storia di questi Chokora (ragazzi di strada) della Cafasso House, accolti da questo progetto in quanto impossibilitati a tornare nelle loro famiglie.
E' ora di pranzo finalmente, a tavola parlo un po' con “S”. Mi dice che vuole lasciare la comunità, prendere un pullman per Mombasa, e diventare un beach boy, mi dice che si guadagna bene. Già, perchè dovete sapere che la bellissima costa del Kenya è piena di aitanti ragazzi africani che parlano un italiano fluente e “lavorano” per migliorare la qualità delle vacanze delle donne italiane di mezza età. Il fenomeno è talmente diffuso che tutte le persone che incontro credono che in Italia le donne scelgono l'uomo da sposare, senza possibilità di appello per il malcapitato. Lo convinco sia a restare, sia che nel belpaese funziona come nel resto del mondo...
Siamo alla parte più dura della giornata, i colloqui nel carcere minorile per decidere chi sarà il prossimo ragazzo ospitato nella nostra comunità.”J” ci racconta di quando si è trasferito qui, con i suoi genitori. Lavorare nei campi al loro villaggio era duro, e così speravano di trovare qualche impiego a Nairobi, in Town, lo slum doveva essere una collocazione temporanea, ma più passava il tempo meno erano i soldi e lui ha iniziato a frequentare brutti giri per tirar su qualche scellino, finchè non è stato beccato dalla polizia. Nelle baraccopoli di Nairobi queste sono storie comuni di migliaia di ragazzi di strada (età media della popolazione: Italia 43,3 – Kenya 18,4), che non sono gli unici a soffrire: fame, prostituzione e alcolismo dilagano in questi inferni, dove la polizia si fa complice dei colpevoli, e i più piccoli sono le vittime, sì, perchè se puoi pagare la passi liscia, ma se sei un semplice chokora che non trova neanche da mangiare, ti aspetta la cella. La vita e l'affitto di una stanza costano molto poco, e sono così tante le persone che vi si trasferiscono sia dalle altre parti della città per risparmiare, sia da altre parte del Kenya per cercare lavoro, che oggi più di un milione di persone vivono sotto un tetto di lamiera ( % persone che vivono con meno di 1,25$ al giorno: Italia 0 – Kenya 19,7%). Tutto questo succede a poche centinaia di metri dal centro, dove io con le mie All Star sembro un poveraccio: cravatte e iPhone dappertutto, sedi di ambasciate ed aziende di tutto il mondo mi ricordano che questo paese è uno dei più ricchi dal Sahaara in giù (indice di disuguaglianza -Gini, da 1 a 100- : Italia 36 – Kenya 47,7).
Si è fatto tardi e devo tornare a casa perchè non è sicuro girare col buio per un bianco come me (% persone che si ritengono sicure: Italia 61% - Kenya 35%), i ragazzi, sempre sorridenti, mi salutano: “Tuonane kesho!”, ci vediamo domani ragazzi, per un altra giornata paradossale.
Fonte: www.hdr.undp.org
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